Cass. civ. n. 15934 del 20 Settembre 2012
"Non ha diritto al compenso professionale il soggetto che agendo nella
duplice veste di avvocato e agente di calciatori abbia stipulato un
contratto di diritto comune in violazione di norme dell'ordinamento
sportivo. Non può, infatti, ritenersi idoneo, sotto il profilo della
meritevolezza della tutela dell'interesse perseguito ex art. 1322, comma
2, c.c., un contratto posto in frode alle regole proprie della FIGC, e
senza l'osservanza delle prescrizioni formali e sostanziali all'uopo
richieste in favore della serietà degli agenti procuratori e dei diritti
del calciatore professionista".
Con la sentenza in esame, la Suprema Corte si è trovata a trattare della legittimità del contratto professionale stipulato tra calciatore professionista ed avvocato in veste di procuratore sportivo.
In altri termini, la Corte di legittimità è stata chiamata a fornire risposta al seguente quesito: è meritevole di tutela un contratto professionale stipulato
tra un avvocato anche procuratore sportivo e un calciatore
professionista nel caso in cui sia radicalmente differente da quello disciplinato
dall'ordinamento sportivo federale?
Ricostruendo i passaggi salienti della pronuncia in analisi, i Giudici hanno ricondotto tale mandato in via generale all'ipotesi di contratto misto normativo, ossia negozio giuridico ove la
disciplina di diritto comune deve necessariamente ritenersi integrata con il disciplinare
regolamentare della FIGC, di cui il calciatore professionista fa parte.
Sennonché, nel caso di specie, non può dirsi sussistente il benché minimo spazio per operare una
etero-integrazione, in quanto il contratto di mandato professionale in questione è
stato stipulato in frode alle regole dell'ordinamento sportivo che
prevedono delle garanzie formali e sostanziali, del tutto
disattese dal legale. Da tali considerazioni, la Corte di Cassazione ha fatto discendere "l'invalidazione del contratto ai sensi dell'art. 1322,
comma 2, c.c. per ragioni di ordine pubblico sportivo, secondo una
lettura costituzionalmente orientata dall'art. 2 della Costituzione in
relazione ai diritti inviolabili del calciatore professionista".
In buona sostanza si è ritenuto sussistente - come nel caso de quo - uno squilibrio del sinallagma negoziale allorquando l'avvocato procuratore sportivo vincoli il calciatore con clausole e
con una penale rilevante, difformi dal modello proprio di un
disciplinare federale.
Dalla lettura della sentenza in commento, si appalesa dunque un'interpretazione del testo negoziale in chiave di pura equità contrattuale sportiva, di tal ché risulterà incoerente tutto quanto si manifesti in contrasto con i regolamenti federali.
In definitiva, quindi, non potrà reclamare tutela l'avvocato - procuratore sportivo che abbia stipulato con un calciatore un contratto di mandato professionale in frode alle disposizioni previste in ambito federale.
Avv. Nicola Schellino
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