martedì 14 maggio 2013

Vincolo sportivo per calciatori dilettanti




CALCIATORI DILETTANTI.
ATTESA IL PROSSIMO 18 GIUGNO LA SENTENZA DEL TAR LAZIO SULLA POSSIBILE ABOLIZIONE DEL VINCOLO SPORTIVO PLURIENNALE

Il 18 giugno potrebbe rappresentare, per i calciatori dilettanti, una data fondamentale: il Tribunale Amministrativo del Lazio infatti si pronuncerà in merito alla illegittimità o meno del vincolo sportivo.

Com’è noto, il cosiddetto vincolo sportivo è un istituto in base al quale l’atleta dilettante – anche minorenne – sottoscrivendo il famigerato “cartellino”, si lega a vita ad una Società od Associazione Sportiva Dilettantistica: il calciatore infatti è libero di tesserarsi per una diversa società solo qualora quest’ultima provveda a corrispondere alla precedente la cifra richiesta.
Sulla legittimità di tale istituto è intervenuta il TAR Lazio, Sezione III, con la sentenza n. 4103 del 12 maggio 2003, la quale ha avuto modo di chiarire che “la pretesa della società ricorrente al mantenimento del vincolo sportivo con l’interessata successivamente alla scadenza del contratto appare recessiva proprio sul piano dei valori costituzionali”.
Evidenziata la giurisprudenza in materia, non si dimentichi, in ogni caso, che la FIGC all’interno dell’art. 32 bis delle N.O.I.F. sancisce un limite di età – 25 anni – oltre il quale risulta automaticamente sciolto il vincolo sportivo, abolendo dunque in sostanza la possibilità di sottoscrivere legami sportivi a vita. Sul punto, sia consentito evidenziare che, pur essendo stata tale modifica - intervenuta nel 2002 - invocata da più parti, la problematica afferente la legittimità dell’istituto de quo pare inequivocabilmente concretarsi in un problema più generale, consistente nell’impossibilità per i giovani atleti dilettanti di svolgere liberamente l’attività agonistica. È evidente infatti come risulti oggi del tutto limitata e disattesa la realizzazione del principio del libero esercizio dell’attività sportiva, anche in forma dilettantistica, sancito peraltro dalla legge n. 91/1981 all’art. 1. Del pari occorre ancora notare come l’istituto del “vincolo sportivo” si ponga altresì in contrasto con la normativa civilistica in materia di associazionismo, in riferimento alla quale l’art. 24 cod. civ. sancisce invero la possibilità per l’associato di recedere dall’associazione a condizione che non abbia assunto l’obbligo di farne parte per un periodo determinato.
E’ pure doveroso ricordare che il vincolo sportivo, così come oggi strutturato, risulta in aperta contraddizione con il principio sancito dal CONI con delibera n. 1391 del 10.03.2009 in forza del quale viene richiesta una congrua e ragionevole durata del citato vincolo.
Per tutte le ragioni sovrarichiamate, gli operatori del settore ripongono buone speranze nella pronuncia del TAR Lazio all’udienza del prossimo 18 giugno.
Nel caso infatti di sentenza dal contenuto favorevole all’abolizione del vincolo sportivo, si perseguirebbe la strada già tracciata dalla riforma delle N.O.I.F. nel 2002 cui sopra si è fatto cenno, prevedendo quindi un progressivo ulteriore abbattimento dell’età dello svincolo, fino a giungere all’ipotesi – da più parti auspicata – di vincolo annuale o biennale.
Naturalmente, una riforma del genere richiederebbe nel contempo la complessiva e sistematica revisione del sistema dei premi e degli indennizzi previsti in caso di trasferimento di atleti giovani non professionisti, al fine di tutelare altresì il contrapposto interesse legato alla giusta e necessaria tutela dei vivai.
Avv. Nicola Schellino

  

venerdì 10 maggio 2013

Cass. civ. n. 15934 del 20 Settembre 2012 - La figura dell'avvocato procuratore sportivo

Cass. civ. n. 15934 del 20 Settembre 2012
"Non ha diritto al compenso professionale il soggetto che agendo nella duplice veste di avvocato e agente di calciatori abbia stipulato un contratto di diritto comune in violazione di norme dell'ordinamento sportivo. Non può, infatti, ritenersi idoneo, sotto il profilo della meritevolezza della tutela dell'interesse perseguito ex art. 1322, comma 2, c.c., un contratto posto in frode alle regole proprie della FIGC, e senza l'osservanza delle prescrizioni formali e sostanziali all'uopo richieste in favore della serietà degli agenti procuratori e dei diritti del calciatore professionista".
Con la sentenza in esame, la Suprema Corte si è trovata a trattare della legittimità del contratto professionale stipulato tra calciatore professionista ed avvocato in veste di procuratore sportivo.
In altri termini, la Corte di legittimità è stata chiamata a fornire risposta al seguente quesito: è meritevole di tutela un contratto professionale stipulato tra un avvocato anche procuratore sportivo e un calciatore professionista nel caso in cui sia radicalmente differente da quello disciplinato dall'ordinamento sportivo federale?
Ricostruendo i passaggi salienti della pronuncia in analisi, i Giudici hanno ricondotto tale mandato in via generale all'ipotesi di contratto misto normativo, ossia negozio giuridico ove la disciplina di diritto comune deve necessariamente ritenersi integrata con il disciplinare regolamentare della FIGC, di cui il calciatore professionista fa parte.
Sennonché, nel caso di specie, non può dirsi sussistente il benché minimo spazio per operare una etero-integrazione, in quanto il contratto di mandato professionale in questione è stato stipulato in frode alle regole dell'ordinamento sportivo che prevedono delle garanzie formali e sostanziali, del tutto disattese dal legale. Da tali considerazioni, la Corte di Cassazione ha fatto discendere "l'invalidazione del contratto ai sensi dell'art. 1322, comma 2, c.c. per ragioni di ordine pubblico sportivo, secondo una lettura costituzionalmente orientata dall'art. 2 della Costituzione in relazione ai diritti inviolabili del calciatore professionista".
In buona sostanza si è ritenuto sussistente - come nel caso de quo - uno squilibrio del sinallagma negoziale allorquando l'avvocato procuratore sportivo vincoli il calciatore con clausole e con una penale rilevante, difformi dal modello proprio di un disciplinare federale.
Dalla lettura della sentenza in commento, si appalesa dunque un'interpretazione del testo negoziale in chiave di pura equità contrattuale sportiva, di tal ché risulterà incoerente tutto quanto si manifesti in contrasto con i regolamenti federali. 
In definitiva, quindi, non potrà reclamare tutela l'avvocato - procuratore sportivo che abbia stipulato con un calciatore un contratto di mandato professionale in frode alle disposizioni previste in ambito federale.
Avv. Nicola Schellino