mercoledì 14 marzo 2012

Un uomo con il pancione


Con mio sommo stupore, apprendo solo oggi che in Inghilterra un uomo transgender trentenne ha partorito lo scorso anno una bambina. Il giornale britannico “Sun on Sunday” precisa che il trentenne, di sesso femminile alla nascita, nel corso della sua vita aveva deciso di sottoporsi ad un’ operazione che di fatto gli aveva permesso sì di diventare uomo, ma col “beneficio” (termine poco appropriato, me ne rendo conto) di mantenere “attiva” la funzione dell’ utero, organo come noto indispensabile per la procreazione.
Ora, se questa notizia non è frutto della fantasia di qualche brillante giornalista in cerca di notorietà, è opportuno chiedersi fino a che punto l’umanità si spingerà.

In onore di una tradizione liberale che in Italia ha avuto senz’altro minori consensi rispetto ad altre nazioni europee, si sente spesso parlare di matrimonio tra omosessuali nonché di adozione di minori da parte di coppie omosessuali.
Di recente, il Parlamento europeo ha sancito che i governi del Vecchio Continente non devono dare "definizioni restrittive di famiglia" allo scopo di negare protezione alle coppie omosessuali e ai loro figli. Tale posizione è stata espressa nel rapporto sulla parità di diritti tra l'uomo e la donna presentato dalla radicale di sinistra olandese Sophie in’t Veld ed è stato approvato nella giornata di ieri dall’Eurocamera.
In Italia ha fatto storia in materia la sentenza n. 138/20120 della Corte Costituzionale la quale ha affermato che “L’art. 2 Cost. dispone che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Orbene, per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico. In tale nozione è da annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri”.
In buona sostanza, con questa pronuncia, la Consulta, interpellata in merito alla costituzionalità di alcuni articoli del Codice Civile che, di fatto, a causa della terminologia utilizzata, impediscono il matrimonio tra individui dello stesso sesso, ha affermato che le coppie omosessuali devono comunque vedere soddisfatta l'aspirazione all'accesso a determinati diritti, lasciando sul punto ampia discrezionalità al Parlamento.

Ciò chiarito, il caso in questione mi pare differisca da considerazioni legate all’ammissibilità futura dei matrimoni omosessuali in Italia.
Noi ad oggi stiamo ancora a discutere sulla legittimità delle coppie di fatto; qui si parla di una donna, se bene ho inteso, che decide di cambiare sesso. Nulla di così strano, se non fosse che diiventata uomo, chiede (ed ottiene) di mantenere utilizzabile il proprio utero, non precludendosi pertanto la possibilità in futuro di partorire. Ma io mi chiedo. Ma non era diventata uomo?! Non aveva scelto di essere uomo, abbandonando il sesso femminile?
Un conto è discutere circa la  regolamentazione delle unioni omosessuali, annoverandole tra le formazioni sociali finalizzate “a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico”; sul punto si può essere d’accordo oppure no.
Senza dubbio, ben altro discorso è domandarsi se una donna, divenuta per sua scelta uomo, possa dare la vita.
O meglio se un uomo, abbandonato per sua scelta il sesso femminile, possa dare la vita.


martedì 13 marzo 2012

OMICIDIO PROCOPIO: ASSOLTO IL GIOIELLIERE

http://ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2012/03/12/visualizza_new.html_130986557.html

La pronuncia di assoluzione emessa dal Gup di Torino in ordine al procedimento penale a carico del sig. Pierangelo Conzano rappresenta senz'altro uno snodo fondamentale per comprendere a pieno fino a che punto può spingersi la scriminante della legittima difesa.
Mi spiego meglio.
La legittima difesa è in effetti una causa di giustificazione (o scriminante) prevista dal nostro codice penale all'art. 52 che così recita "Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa". Per la sua sussistenza è necessario pertanto che la reazione ad una aggressione debba essere caratterizzata da necessarietà e soprattutto proporzionalità in rapporto all'offesa.
Nel caso di specie, occorre tenere in considerazione la novella legislativa intervenuta con la riforma del 2006 che di fatto ha introdotto una presunzione assoluta (iuris et de iure) di proporzione fra difesa e offesa, nei casi di reazione avvenuta durante la commissione di delitti di violazione del domicilio ed in presenza di un pericolo di aggressione fisica. Ciò che ancor più rileva è la considerazione che al domicilio sono stati equiparati i luoghi di esercizio di attività economiche, quali - per tornare al sig. Conzano - la gioielleria.
Ed in effetti all'indomani della novella, una parte dei docenti di diritto e procedura penale hanno sottoscritto un manifesto di denuncia della riforma indicando il rischio di un ritorno al far west e l’abbandono del solco profondo della nostra civiltà giuridica. Si è sottolineato infatti che il legislatore non ha tenuto conto che tale situazione possa divenire foriera di disordini, consentendo al cittadino di sentirsi in casa propria in una “zona franca” e di conseguenza legittimato ad usare armi anche in casi in cui non ci sarebbe affatto motivo.
Ma veniamo al dunque.
Il gioielliere Pierangelo Conzano, il 10 agosto scorso sparò un solo colpo mortale ad un rapinatore, Francesco Procopio, di 35 anni, il quale, munito di una pistola giocattolo, era entrato nella gioelleria per compiere una rapina. Tratto a processo, il pm aveva chiesto una condanna di un anno e due mesi di reclusione per omicidio colposo per eccesso di legittima difesa.
L'ANSA riporta che " l'assoluzione per legittima difesa si e' basata sulla ricostruzione minuziosa di quanto accaduto: secondo quanto e' emerso dal filmato dell'impianto di sorveglianza del negozio, Procopio era entrato all'interno della gioielleria, che aveva ispezionato piu' volte prima di quel giorno, insieme ad un complice, Iaris Iacono, che oggi ha 32 anni. Quest'ultimo si era finto un normale cliente per distrarre il gioielliere quando, ad un certo punto, Procopio ha tentato di salire sul bancone dell'esercizio.
A quel punto e' partito il colpo che lo ha centrato al braccio destro. Procopio ha poi tentato di uscire dal negozio, ma e' rimasto bloccato all'interno della doppia porta mentre Conzano e Iacono lottavano per il possesso dell'arma. Secondo quanto documentato dal filmato, passarono due minuti tra lo sparo e il momento in cui Procopio pote' uscire dalla gioielleria.
L'uomo percorse poi un centinaio di metri a piedi prima di stramazzare al suolo in strada, ormai dissanguato dopo che il proiettile gli aveva reciso l'arteria omerale. Iacono, invece, rimase all'interno della gioielleria fino all'arrivo dei carabinieri che lo arrestarono. E' stato condannato per rapina, in un altro procedimento, a una pena di un anno e mezzo di reclusione."
Cosa significa?
Nel caso di specie ha giocato un ruolo fondamentale la ricostruzione operata dagli inquirenti che di fatto ha evidenziato come il colpo mortale sia stato esploso in condizioni tali da giustificare lo sparo. In altre parole, il Giudice ha ritenuto l'operatività concreta della scriminante di cui all'art. 52 c.p.poiché ha considerato sussistente il "pericolo attuale" e soprattutto necessaria e proporzionata la reazione operata dal gioielliere all'aggressione dei malintenzionati.
In conclusione va comunque rimarcato - a scanso di equivoci - che, anche dopo la novella dell’art. 52 cp, chi spara al ladro in fuga (uccidendolo) non è "giuridicamente" giustificabile, essendo venuto meno ogni pericolo di aggressione e, conseguentemente, ogni esigenza di protezione dei propri beni.
Nonostante le aspre critiche della dottrina e l’idea permissivista di certi interpreti, va detto che la riforma introdotta nel 2006 fornisce un supporto al giudicante, evitando pericolose discrepanze interpretative: infatti l’introduzione della valutazione della proporzionalità basato su una presunzione iuris et de iure riduce di molto la discrezionalità del giudice.
Del pari, notevole importanza occorre fornire a tale sentenza che senza ombra di dubbio genererà aspre e mai sopite polemiche, ma che nel contempo ha il merito di essere conforme alla ratio del dettato codicistico.